Amstel Gold Race

Damiano cunego Amstel gold raceOggi ha vinto Cunego, confermando di essere un corridore da classiche. Dopo la Sanremo vinta da Cancellara, Il Fiandre a Devolder, e la Roubaix a Boonen, arriva la prima vittoria italiana in una delle classiche principe. Al di là della ridicola compilazione del calendario pro-tour (no, non vi sbagliate: mancano il Tùr e la Rubé, cioè il massimo, per dirne due) di quest’anno, è la corsa che conta meno fra queste.

Mettiamo un po’ d’ordine per i non addetti: prima dell’inizio dei Grandi Giri le classiche vanno a colpi di tre. Si inizia con la Parigi-Nizza (vale 7,25) e la Tirreno-Adriatica (vale 7), che in realtà non sono classiche ma brevi corse in linea: però sono utilizzate da tutti per preparare la Milano-Sanremo (in linea, vale 9). Poi ci si sposta al nord, anche qui due terzetti fra Francia, Belgio e Olanda, che sembra uno spazio enorme, e invece è un fazzoletto di terra per sei corse importantissime. Prima sul pavé, Giro delle Fiandre (vale 9,5) e a una settimana la Parigi-Roubaix (vale 10). In mezzo la Gand/Gent-Wevelgem (se sbagliate sempre la v e la w, non siete gli unici. Vale 6,75) che è una piccola Rubé. Quella settimana, da quelle parti, è chiamata la Settimana Santa, vedete un po’ voi. Poi ci si toglie da quelle stradine sterrate, e si va in alto: troppo spesso in alto. Tre classiche ondulatissime che sono storicamente – e anche ultimamente – amate dagli italiani. Si inizia con l’Amstel Gold Race (vale 7,75). E qui siamo. Dopo una settimana c’è la Liegi-Bastogne-Liegi (9,5). In mezzo la Freccia Vallone (vale 8,25): quest’ultimo voto potrebbe essere disputato, ed è dovuto a una mio amore per il Muro di Huy, irta erta finale. Ultimamente questioni diplomatiche ed economiche dànno l’Amstel in crescita e la Freccia in calo.
Il resto è preparazione ai grandi giri, Giro d’Italia (vale 8), poi Tour de France (vale 10) e Vuelta a España (vale 7,75). Ci sono poi il Mondiale (fuori categoria, per tante ragioni alcune delle quali spiegate qui da Marco Beccaria – da sempre negli scritti altrui), e il Giro di Lombardia (voto 8,5). Ce ne sono tante altre, ovviamente, ma meno importanti.

Insomma se dovete rammaricarvi di esservi persi tre corse, i nomi sono questi:

Se invece non volete rammaricarvi la prossima volta, la prima occasione che avete è domenica – c’è:

Se poi, volete proprio dare retta ai miei capricci, mercoledì pomeriggio tutti davanti alla tivvù, non solo perché dietro non si vede nulla ma anche perché intorno alle 5 si arriva (chi ci riesce) su uno dei più bei muri dell’intero parnorama ciclistico – visto che c’è:

Buona visione, o come direbbe Galliani: «buon lavoro».

P.s. i voti che ho dato alle corse sono puramente indicativi, e sono un misto di blasone/storia/soldicheggirano/mie opinioni. Ah, ovviamente non si possono paragonare i voti delle corse in linea con quelli delle grandi corse a tappe: queste ultime sono, comunque, 21 giorni di corsa.

Giro delle Fiandre

È come alle rimpatriate con vecchi compagni di classe o quando ti ritrovi con quelli del gruppo con cui hai fatto quella vacanza-studio, molto vacanza e poco studio, in chissà quale paese anglofono, o – immagino – fra ex-commilitoni.

Ti ritrovi, una volta ogni tanto tempo, e stai lì a raccontarti tutte le cose che sono successe. E che tu già sai, e che tu già sai che loro sanno. E perfino, specie le volte successive, che sai già che loro sanno che tu sai. E allora ti ricordi quello che fece Beppe, e quello che fece Valeria, e quando insieme abbiamo fatto quello scherzo, dài che fico, ti ricordi? E quello scemo invece? quello che prendevano in giro tutti, ti confesso che a me – in fondo – è sempre stato simpatico…

Sì che mi ricordo. Perché me l’hai raccontato ciascuna delle altre quattro o cinque volte che ci siamo riuniti, e io ti ho risposto «sì, sì davvero…e invece ti ricordi..» ricominciando a narrarti le gesta di Matteo, che ho rivisto – a proposito lo sai che l’ho rivisto (sì che lo sai, te l’ho già detto l’ultima volta). Accidenti quanto era cambiato.
E ti senti in un mondo molto esclusivo.

Ecco, il ciclismo è così: ci sono quei commentatori, che non si sopportano mai, e a cui si trovano tutti gli errori del mondo, e poi ne arrivano altri e dici “ah, com’erano meglio i passati”.
E con loro hai il rapporto dei vecchi amici, iniziano a raccontarti ogni anno le stesse cose, e tu le apprezzi. Le sai già, ovviamente, tutti gli appassionati di ciclismo sanno che «ah, il Muro del Grammont.. se lo dici ai fiamminghi… si chiama Geraardsbergen… anzi, ti dicono che non sanno dov’è, se gli dici il Grammont». Lo sai benissimo, però ogni volta che lo senti dire ti senti confermato nelle tue sicurezze, parte di un mondo, un mondo molto esclusivo: come il mondo di quelli che sanno di quella volta che Carlo si arrampicò su una finestra del college per entrare nella camera della ragazza, e sbaglio camera.

Poi ti ricordi di quando te l’ha spiegato qualcuno, perché qualcuno te lo deve spiegare, te lo sei segnato con cura, e ti sei sentito ammesso al circolo. È lo sport più romantico del mondo, non può essere che un po’ conservatore, e un po’ aristocratico.

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Ah, il Fiandre l’ha vinto Stijn Devolder, uno che sta sempre per. L’anno scorso stava per vincere addirittura la Vuelta, poi crollò. Stavolta ha fatto il gregario, ha rincorso, è andato in fuga. Insomma ha fatto tutto, gli mancava di vincere. Quelli dietro si rialzano, non c’è accordo, è fatta. Il distacco aumentava. Poi proprio quando sembrava ovvio che stesse per vincere parte Flecha e dietro Nuyens, si riportano a 9 secondi. È cotto, ha troppi km nelle gambe, l’hanno ripreso. Invece, inspiegabilmente, il distacco ha ricominciato ad aumentare e proprio quanto stava per vincere – per una volta – ha vinto.

marteDIcorsa 4 – Piuttosto perdo anch’io

marteDIcorsa
Volevo spiegare a degli amici che il ciclismo è lo sport più romantico che c’è, e allora ho provato a scrivere. E scrivere ciò che raccontavo scrivendo. Così, ogni martedì, per un mese. Io, per me, mi sono convinto. Anche troppo, a rileggere il tono troppo denso?

Piuttosto perdo anch’io…

Fu a Ouagadougou – l’unica capitale al mondo con due dittonghi e un trittongo – che Coppi contrasse la malaria. Si dice che ci fosse andato per racimolare qualche spicciolo a fine carriera, quando ormai non vinceva, quando vinceva Anquetil. Fu proprio lui, Maitre Jacques, ad avere in dotazione l’unica camera con le zanzariere. Aveva anche questi vantaggi essere il migliore della carovana, e il migliore era di certo lui: Jacques Anquetil. Anquetil vinceva. Anquetil stravinceva, e il pubblico amava Poulidor.
In Francia Raymond Poulidor è quasi un modo di dire: era la manifestazione che più si approssimava alla perfezione dell’eterno secondo, chiamato da tutti Poupou aveva un talento innato nell’essere battuto, fenomeno nel conquistare la seconda piazza, e – a onor del vero – bravissimo anche ad arrivare terzo. Riuscì a conquistare otto podi al Tour de France, mentre il suo rivale, primo nella storia, ne vinceva cinque. Ci riuscì senza mai vincerlo, e, cosa straordinaria per un corridore con tutti quei piazzamenti e una carriera lunga diciott’anni, senza mai indossare la maglia gialla, neanche un giorno.
C’era un altro modo di dire, però, fra i commentatori sportivi della Francia degli anni ’60: era una parola che definiva quel fenomeno apparentemente inspiegabile: le strade davano ragione a Anquetil, ma era sempre Poupou a trionfare. In una parola sola era la sua Poupoularité. Continue reading “marteDIcorsa 4 – Piuttosto perdo anch’io”

marteDIcorsa 3 – coppiebbàrtali

marteDIcorsa
Volevo spiegare a degli amici che il ciclismo è lo sport più romantico che c’è, e allora ho provato a scrivere. E scrivere ciò che raccontavo scrivendo. Così, ogni martedì, per un mese. Io, per me, mi sono convinto. Anche troppo, a rileggere il tono troppo denso?


coppiebbàrtali

E vai, al cine vacci tu!
Diamine, c’è Bartali che sta passando, e tu mi dici che c’è da andare al cinematografo? Non se ne parla neanche, io scalo ‘sta montagna a piedi, così mi vedo il Ginettaccio, di là che sale, e chissà chi avrà fatto più fatica, se io o lui.
Questa qui, parola più parola meno, è di Paolo Conte e si chiama “Bartali”: quello con il naso triste da italiano allegro. Oh, guardate che “quel naso triste da italiano allegro” è un capolavoro che neanche un biografo dell’accademia dei biografi…
Coppi invece ha la faccia triste, in effetti è triste. Ha quell’aria intellettuale, e infatti piace agli intellettuali. Alla sinistra. Vota comunista ma non lo dice, che è la peggio direbbe un democristiano. Uno tipo Bartali, che dedica ogni vittoria alla Madonna, che va in chiesa nei giorni comandati, che è preso a icona dal papa – Pacelli – il quale arriverà a esecrare pubblicamente l’altro, Coppi, quel laico senza fede, con quella faccia disincantata e chiusa in sé stessa che par sempre contemplare chissà cosa. Un mezzo ligure mezzo piemontese, serio, compito, e fin troppo austero, di fronte a quel guascone, sanguigno del Gino Bartali che lo capiresti da lontano dieci miglia che è un toscanaccio con la “c” impastata e la parolaccia facile. Continue reading “marteDIcorsa 3 – coppiebbàrtali”

marteDIcorsa 1 – Com’è logica

marteDIcorsa
Volevo spiegare a degli amici che il ciclismo è lo sport più romantico che c’è, e allora ho provato a scrivere. E scrivere ciò che raccontavo scrivendo. Così, ogni martedì, per un mese. Io, per me, mi sono convinto. Anche troppo, a rileggere il tono troppo denso?

Com’è logica

La logica è una dottrina ferrea, quasi sillogistica. Utile, il più delle volte. Ha delle esigenze, però, quantomeno in occidente, quantomeno da 2300 o 2500 anni. Dall’avvento della filosofia possiede – forse detiene – delle regole che si potrebbero scrivere, fin da Aristotele, forse già da Eraclito.
Poi ci sono le emozioni, i condizionamenti, i confini più labili e i sentimenti. Che non sono necessariamente illogici, ma talvolta sì.
Qualcuno le chiama, non a caso, regole-non-scritte, sono doveri, spesso morali, che vanno rispettati ma soprattutto onorati: ogni appassionato deve, per contratto, apprezzarle. E lo farà proporzionalmente alla passione che ha per quello sport, per quella dottrina, o per quella varietà di cibo.
Spesso sono consuetudini per nulla ragionevoli tranne che per chi le subisce, per chi ne è parte.
Questo fa sì che si definisca logico quello che è tutto fuorché logico, ma irrazionale, romantico, inspiegabile. Anzi, difficile da spiegare con parole, specie se poche; un’opera impervia: quasi come scalare in successione il Duran, lo Staulanza, la Marmolada, il Pordoi e il Sella. “Quasi come”, per il Rispetto Del Sudore, che è un’altra delle regole-non-scritte dell’appassionato alla bicicletta: alla, non della. Continue reading “marteDIcorsa 1 – Com’è logica”