Passando ad altre e ben più importanti cose: fatico a crederci anche io, ma Flavio Briatore non è della Fiorentina.
Edit: Tanto era incredibile la somiglianza, che tutti quelli con cui ho parlato non avevano capito: questo NON è Flavio Briatore.
C’è grossa crisi
In tutto questo mettere salumi dentro la bocca e farne uscire saliva, mi son domandato: ma perché lo chiamano mortadella?
Contro i perpetri
Casini ha appena detto per la seconda volta in 5 secondi ‘perpetrato’ quando voleva chiaramente dire ‘perpetuato’. Due su due, significa che non la sa proprio la differenza.
Sono molto irritato, ora faccio una bella scenata: e così darò la colpa al fatto di vedere Porta a Porta, invece che.
Che soffereeeenza: le parole sono importaaanti!
Bravi
Da assiduo e appassionato lettore del Massimo Gramellini di Buongiorno (non a caso la prima citazione fra gli scritti altrui è sua), e da occasionale lettore di altre (Molinari) rubriche (A. Romano) online della Stampa, non mi ero mai accorto di un particolare piccolo, però reso sostanzioso dall’accostamento, a cui andrebbe data un po’ di pubblicità in più. Questo:
Ecco, una bella novità.
P.s. È da tempo un mio proponimento quello di fare un post sulle ragnatele maschiliste ancora appiccicate negli angoli del nostro linguaggio, ovviamente non trombonerie ridicole come l’uso oramai neutro del plurale maschile per tutto (appunto!), ma su espressioni e/di modi di pensare in cui siamo ancora ben avvinghiati al simpatico concetto che il maschio può e la femmina non può: arriverà.
Io lo so che non sono solo anche quando sono solo
Su Leftwing Serena la Rosa fa una geniale esegesi della ‘vocazione maggioritaria’ del PD di Veltroni, volevo dire.
Il titolare…
…del presente blog – intanto – e nel buio degli uffici, e nella monotonia delle scartoffie, e nell’oleatura dei gangli gerarchici, è diventato l’ufficialissimo titolista e immaginista dei Mille: quando errando per locande e osterie uditere favella di cotanti capolavori, sappiatelo, sono opera mia.
Di seguito, il discorso d’ascesa alla carica scrittomi da un assai celebrei ghostwriter:
Ringrazio il coordinatore Francesco Costa per il suo invito che accolgo volentieri, assumendo così l’incarico ufficiale di titolista e immaginista per il blog dei Mille.
In questo momento il mio primo pensiero va ai miei cari e a tutti quelli che mi sono stati vicini in questa mia esperienza nei Mille. A loro dedico questo importante risultato, la cui importanza è tale da renderlo sia un punto di partenza per la mia carriera politica che, anche, un punto di arrivo mica male. Sia chiaro: sarò il titolista e l’immaginista di tutti, e non solo di chi ha voluto che io ricoprissi questo incarico.
Mi fermo qui, avrei tante altre cose da dire ma – come spesso accade in momenti come questo – la commozione ha la meglio. Grazie a tutti per la vostra fiducia, viva l’Italia, viva la Repubblica, viva il Corriere.
Sì noti la chiusa con un gioco di parole così infimo da essere apprezzato dal titolare, qui.
Giocare a destra
Sempre sul papa alla Sapienza, Carlo segnala questo ben argomentato post di bioetiche, che però – mi permetto di dire – non centra esattamente la porta, ma al quale professo gratititudine, come a ciascuna operazione che tenti di ristabilire il buon senso smarrito.
Fra Ratzinger e la moglie dell‘ala destra più sopravvalutata degli ultimi vent’anni, c’è una differenza non trascurabile, come ho avuto modo di scrivere nei commenti al post suddetto: il Papa ha a che fare con l’ambiente accademico, Victoria Beckham, no.
Bisogna essere in malafede o sciocchi per dire che Ratzinger sia stato censurato (che gli sia stata negata la libertà di parola, poi, lo esclude la questura), come dimostrano le cifre di Pannella; ma questa non è una ragione per avallare la protesta, semmai anzi, per criticare il destro offerto al destro Josiph Ratzinger, la cui ‘soffertissima rinuncia’ era già stata facilmente preventivata in rete.
Di più, Giuseppe Regalzi sfiora, senza mai sedercisi a piene chiappe, un ragionamento ancor più pericoloso: spingendoci solo un passo più in là arriveremmo ad asserire che la cultura sia declinabile in base alle ideologie, un argomento molto urticante. Pensiamo veramente che bisogni far parlare solo coloro che sono d’accordo con noi, o – per grazia nostra – coloro il cui pensiero riteniamo ‘accettabile’? Davvero riteniamo che l’opportunità di un invito si valuti in base alla comunione socio-culturale col supposto oratore? Anzi, a latere, in molte occasioni io trovo reazionario il concetto stesso di ‘inopportunità’, basti pensare da chi e come viene usato.
Per rimanere agli esempi che ho fatto, questo vorrebbe dire non ospitare Chomsky, uno dei più grandi linguisti viventi, perché il suo corredo di pensieri risulta insano e diseducativo, oppure per cambiare completamente fronte politico, non avremmo voluto ospitare – com’è difatti non è successo – Pound, per alcuni il giù grande poeta del ‘900, perché dichiaratamente fascista. O, con il gusto del paradosso, se una macchina del tempo ci catapultasse Dante Alighieri nel nostro millennio non lo faremmo parlare, perché valuteremmo inopportuno dare la parola a un tale retrivo?
E invece no, noi non siamo fascisti (fino a prova contraria), e non misuriamo lo spessore cultrale di un personaggio in base alla tessera di partito. Non solo, e basterebbe, perché questa è la grande differenza fra noi e loro, ma anche perché spesso le vaccate finiscono per ridicolarizzarsi da sole.
Ratzinger, poi, non avrebbe ‘aperto l’anno accademico’ come in molti hanno erroneamente scritto, ma avrebbe tenuto un discorso, una lectio, come successo in mille altre occasioni, a mille altri individui.
E all’obiezione, che fu anche mia, secondo la quale immediatamente dopo la cerimonia sarebbero tutti andati nella cappella dell’ateneo a pregare, non si può rispondere altro che «quelli sono fatti loro».
Se siamo veramente laici, dove va il papa non ci riguarda.
P.s. E se invece del Papa a fare un discorso del tutto inoffensivo (mica è scemo!), fosse venuto Charles Darwin a sostenere che l’uomo è a uno stadio evolutivo più avanzato della donna, cosa avrebbero detto i 67 fisici contestatori che – giustamente – fanno del darwinismo un terreno di battaglia contro la riscossa clericale?
Rispondere in coscienza
Leggere questa ulteriore stroncatura di Beppe Grillo mi ha fatto venire alla mente alcune riflessioni collaterali, che metto qui in piazza: nel constatare e nell’avere sempre nuove prove che Grillo sia uno di loro, ovvero un fenomeno finto, che tradisce la buona fede dei suoi fan (non sempre, buona fede), proviamo una sinuosa linea di piacere.
A ogni intervista rifiutata, rivelazione sui fini di lucro del suo blog, mancata risposta a civili obiezioni, autoriduzione a luogo comune, palesamento della sua indole reazionaria, o – appunto – dimostrazione della sua plastica strategia dell’isolamento, oltrepassiamo spesso la giusta considerazione che un vaffanculo non sia la risposta, andando a strusciare pericolosamente l’idea che gli altri “sono tutti uguali”, anche i sedicenti campioni dell’Italia pulita.
Parlo per me principalmente, ma parlo anche al plurale, perché mi sembra di aver intravisto un atteggiamento simile in molti di coloro che mi hanno manifestato le stesse perplessità nei riguardi del comico genovese, e con cui è come se avessi fatto schieramento (ecco, appunto).
Per continuare a cambiare qualcosa, e fare sì che non ci siano campioni dell’Italia pulita, ma un’Italia pulita e basta, bisognerebbe anche – oltre a molto e ben altro, certo – toglierci queste pigrizie ideologiche.
Probabilmente ho sbagliato quando ho detto che delle volte bisogna armarsi della stessa dietrologia, per smascherarlo.
Che importa se non è Beppe Grillo a scrivere il suo blog, ma un’azienda? Che importa se la Casaleggio Associati fa del tandem Grillo-Di Pietro una chiara macchina del profitto? E che importa se Beppe Grillo ha la sua condanna per omicidio colposo, e vagheggia di fedina penale linda?
Questi sono argomenti melliflui, più propriamente non sono argomenti, non è sostanza. Sono obiezioni che, da una parte stuzzicano quell’insano moto alla compiacenza laddove gli altri siano peggiori di noi, e dall’altra sembrano darci un credito di onestà da spendere per continuare a essere un po’ migliori degli altri, accontentandoci di questo.
È come se facessimo i Beppe Grillo con Beppe Grillo, o in altre parole i Beppe Grillo con noi stessi.
Con testa no
Per chi fosse confuso dal mio ondivago pensiero sui recenti fatti alla Sapienza, eccone la summa: peggio dei contestatori del papa alla Sapienza, ci sono solo i contestatori dei contestatori del papa alla Sapienza.