Due frequenze per me, posson bastare

europa 7

La notizia di ieri è che la commissione Europea ha avviato una procedura d’infrazione contro l’Italia (ancora? Invadeteci!) per la mancata concessione delle frequenze a Europa 7, dicendo – fra l’altro – che non solo la Gasparri ma anche la Maccanico ’97 non va bene.

Una cosa che ho sempre pensato sull’affaire Rete4-Europa 7 – oltre al fatto che sia sacrosanto che la prima vada sul satellite – è che in questo caso si dimostra tutta l’ipocrisia che c’è in alcune parti dei due schieramenti: Fede spara il suo solito stornello «mandando Rete4 sul satellite si perderebbero migliaia di posti di lavoro», trascurando completamente il fatto che l’entrata di altri soggetti nel mercato della tv nazionale ne creerebbe altri e di più. Viceversa quelli-tipo-Diliberto (cioè il partito del: non è giusto perché è giusto, ma è giusto perché è Berlusconi) non proferiscono parola sul tema. Sulle migliaia di licenziamenti che ciò causerebbe.

Il colmo è che quelli-tipo-Diliberto sono il partito del posto di lavoro, ovvero quelli che difendono il “posto”, non il lavoro: un po’ troppo semplicisticamente – piuttosto che un licenziamento e due assunzioni, preferiscono nessuno dei due.

Ma, invece, il liberalequannojefaccomodo Berlusconi dà battaglia impugnando l’argomento che altre volte ha cercato (mai con un briciolo di coraggio) di smontare.

p.s. Fra me e me: e se Di Stefano compra l’Unità, come dice di voler fare, e fa fuori Padellaro..?

That takes religion

Ho sempre dato poco credito alla teoria per cui – indipendentemente dall’esistenza di Dio – la fede contribuisce a rendere le persone migliori: oltre a essere negata da molto del passato e buona parte del presente, reca in sé quella idea di deterrenza basata sul terrore che – in cielo o in terra – è sbagliata prima di tutto, e poi inefficace.

Da oggi – senza parossismi – mi affeziono alla ficcante e ironica riformulazione del fisico Steven Weinberg, che suona più o meno così:

Senza tirare in ballo la religione, le persone buone faranno il bene, e le persone cattive faranno il male. Ma per fare sì che persone buone facciano il male, beh, per quello c’è bisogno della religione.

(via Leibniz, che vince anche il premio per il miglior titolo del mese)

Magritte

Tanto era incredibile la somiglianza, che tutti quelli con cui ho parlato non avevano capito: questo NON è Flavio Briatore.

Giorno della memoria

Quando i nazisti vennero per i comunisti,
Io restai in silenzio;
Non ero comunista.

Quindi rinchiusero i socialdemocratici,
E io restai in silenzio;
Non ero un socialdemocratico.

Quindi vennero per i sindacalisti,
E io non feci sentire la mia voce;
Non ero un sindacalista.

Quindi vennero per gli ebrei,
E io non feci sentire la mia voce;
Non ero un ebreo.

Quindi vennero per me,
E non era più rimasto nessuno
che potesse far sentire la sua voce.

Martin Niemöller

Sarti Burgnich Facchetti

undici leoniLetta sulla gazzetta questa storia, la prima cosa che ho pensato è che se l’avessi trovata su un libro di Nick Hornby, sarei andato a Londra a cercarlo per dirgli: «ehi Nick, stai calcando un po’ la mano».

Succede quanto segue: stasera il grande Liverpool ospiterà nella FA cup – la più importante delle due coppe nazionali in Inghilterra – l’Havant & Waterlooville, e già questa sarebbe una piccola favola: la solita piccola favola, perché la formula della Coppa favorisce questo tipo di testa-coda.

Ma il Liverpool non giocherà soltanto contro gli Hawks, giocherà soprattutto contro Anthony Philip David Terry Frank Donald Stanley Gerry Gordon Stephen James Oatway, che non è la formazione degli avversari, ma un giocatore solo: più precisamente l’allenatore-giocatore.

Figlio di due sfegatati e un po’ scemi tifosi del Queen’s Parlk Rangers (la squadra attualmente in mano al sotto sosiato Briatore, e a Bernie Ecclestone), ricevette in sorte non uno – come i vari Diego Armando attualmente adolescenti a Napoli – bensì tutti e undici i nomi dei titolari della formazione del 1973!

Charlie is just a nickname. An aunt told my parents they couldn’t name me after the QPR team because I’d look a right Charlie – and the name just stuck.

Geniale anche l’idea della zia: assalita da un moto di buon senso convinse i genitori a dargli – almeno – un soprannome, uno e uno solo. Ma invece di eleggerne uno degli undici, scelse “Charlie”. Fatto undici, facciamo dodici…

You wanted the bike

prodi in biciVentiquattr’ore.
Berlusconi già parla di campagna elettorale, e c’è già chi paventa un Berlusconi tris (e stavolta non gli si potrà neanche scrivere “Berlusconi Bis-chero, come a suo tempo al Franchi); e Prodi? Prodi ha detto che si farà da parte. Senza acredine, speriamo.
Corrado ieri ci ha raccontato di avere il “sospetto che in fondo qualcuno di noi sente una specie di senso di liberazione”.

Confesso che, io, questo senso di liberazione un po’ ce l’ho avuto. Non che sperassi nella caduta; anzi, quando a Radio Radicale ho sentito «Cusumano sì», ho anche pensato «dài, speriamo». Però.

Però questo governo (già la parola è fuori luogo) era stato inane. Questo frustrava: non che avesse fatto cose sbagliate (come detto dalla propaganda destrorsa), ma che semplicemente non avesse fatto nulla. E cioè che per ogni argomento, ogni provvedimento, ogni tentativo di tirare fuori qualcosa, una legge, un decreto… un’idea(!), c’era sempre la scusa della maggioranza ingovernabile, del senato immobilizzato, dei veti di Binetti o Turigliatto. E della legge elettorale porcata.

Ora, messa da parte in un attimo la questione della legge elettorale: certo che era una porcata, ma senza di quella non sareste andati al governo, non mi è chiaro per quale ragione il fatto che il governo Prodi fosse stato votato da un numero non sufficiente di persone da garantire una maggioranza stabile, diventasse surrettiziamente un alibi e una giustificazione di tutto.
Ehi, nessuno vi ha obbligato ad allearvi con Mastella per governare. Come se arrivare al governo fosse un punto di arrivo, un fine e non un mezzo.

Ecco, io non penso che chi non fa non falla. Anzi, penso che spesso il non fare è peggio del fare male.