Giovedì 22 gennaio / mattina

Fatto l’inganno, trovata la legge – Diario dalla Palestina 143

Sulle leggi assurde che ci sono qui al di là del muro ne ho sentite tante, che concernono il delitto d’onore, il rapporto uomo donna, la poligamia (sì, che mi aspettavo? Ma io sulla storia che le donne debbano essere “protette” perdo la razionalità, mi imbestialisco). Certo, anche passato il muro, se un’ebrea deve divorziare le cose non sono tanto facili, a testimonianza di come Israele sia molto meno laico di come pensano i suoi sostenitori, e molto di più di quanto pensino i suoi detrattori.

Ma ovviamente il paragone, con la Palestina, non c’è. E tanto più irritante è il sillogismo per cui – schieramenti dati, battaglia pronta – denunciare e cercare di cambiare queste cose sia contro i palestinesi, e non per le palestinesi (che dico? Per tutti i palestinesi).

Poi ci sono le cose che più che ingiuste, sono assurde: una legge di cui non sapevo, ma ho avuto notizia  attraverso un libro, questoqui qualche malignità sull’autore, è quella sulle adozioni. Se l’ho capito io il francese, garantisco che ce la potete fare:

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In pratica quindi: tutti i bambini senza genitori vengono considerati mussulmani (considerate però che non è un’imposizione, è un “dato”, qui la religione è sulla carta d’identità come l’altezza), la quasi totalità delle famiglie adottive è cristiana (sia gli stranieri, che i cristianopalestinesi: qui sono nettamente i più ricchi), e – arriva l’assurdo – un membro di una religione (che vuoldire che c’è nato, non che va in chiesa tutte e domeniche e vuol far fare la cresima al figlio, magari – difficile – neanche è credente) non può adottare un bambino di un’altra religione.

Così l’unica possibilità per degli orfani di trovare un genitore adottivo, è che trovino dei genitori in pectore disposti a convertirsi all’Islam.

Qualche sofisma sui sofismi su Israele

Non avevo commentato questo post di Leonardo, e i seguenti, nonostante avessi qualcosa da dire e il tema fosse – come sapete – di mio interesse, per non tormentarlo, dopo aver provato a fare debunking su alcuni luoghi comuni su Hamas in cui mi sembrava essere incappato. Inoltre Leonardo scrive tanto bene che il dubbio più sciocco che c’è, ovvero quella di essere invidioso, sarebbe venuto anche a me. Poi due persone via email e una qui mi hanno chiesto di scriverne, di scrivere il mio parere su quelle cose, così lo do evvìa, senza voler diventare il “critico quotidiano di Leonardo”. Uso come premessa, che vale per me, parole che nei commenti qui Leonardo riferiva a sé stesso:

io non mi considero un grande esperto di questione israelo-palestinese, e se ho deciso di dedicarci così tanto tempo e sforzo da parte mia è soltanto perché continuo a vedere dei professionisti (es. Santoro ieri sera, appunto) che svolgono un pessimo servizio. Quindi provo a far di meglio nel mio piccolo: però non posso garantire un servizio professionale.

In generale credo che dica molte cose vere, e alcune approssimative. Credo anche che il mio approccio sia diversissimo dal suo, volendo sintetizzare al massimo, mi sembra che io ragioni sugli individui e lui sui popoli. Questo ci porta a fare considerazioni molto differenti sulle conseguenze di certe situazioni. Mi sembra inoltre che molti suoi nessi causa/effetto, alcuni dei quali poi non condivido, secondo me, siano giustificazionisti nel senso che detraggono responsabilità individuali, appiattendo meriti e soprattutto orizzonte d’aspettativa. È come se ai palestinesi chiedesse di meno che agli israeliani, per qualcuno sarà una cosa ovvia, per me è una rinuncia etica pericolosamente collimante col razzismo.

Tutto questo in genere, sui punti di Leonardo (il corsivo è un brevissimo riassunto fatto o estrapolato da me, quindi leggetevi l’originale, questo è solo per ricordare di cosa parla):

1. Mozione degli affetti: critica a chi dice “se non sei israeliano non puoi capire”

Completamente d’accordo con L. Accettando questo argomento, si è a favore della pena di morte.

2. Il meno peggio: si può dire di Israele solo se oggi non è peggio di ieri

A me, l’ho scritto anche in un commento, sembra che L non accetti le gradazioni del male. Come dice anche lui Israele è meno peggio di Hamas (e ci vuole poco).  Israele continua a esserlo anche se peggiora. Ovviamente noi non auspichiamo che Israele sia meno peggio, ma che sia buono, come del resto lo auspichiamo per Hamas. Ma questa, comunque, è una considerazione descrittiva. Quindi tutto sommato sono d’accordo, quando si parla delle azioni, dire che “Israele può ammazzare cento palestinesi per ogni sua vittima perché è meno peggio” è illogico e farabuttesco.

Quanto a Arafat, invece dissento fortissimamante: dire che “gli israeliani non hanno accettato di fare la pace con lui”, è preciso preciso il sole che gira intorno alla terra. L mi aveva già risposto su questo punto, dicendo che Camp David + Taba 2000/1 era una pace che “Arafat non poteva accettare” (tra l’altro, quindi e appunto, è Arafat che non ha accettato?), se – come credo, insieme a quasi tutti – quella (94% + 3% della Cisgiordania, + 100% Gaza con Geru Est capitale) è la miglior offerta di pace che i palestinesi avranno nella Storia, Arafat non poteva, ma doveva accettare. Se non per sé, per la sua gente. Difatti, dopo l’ennesima guerra persa (la catastrofica seconda intifada), la prossima pace sarà peggiore di quella lì. E così via.

E poi non ho capito perché il ragionamento del meno peggio va bene per l’interlocutore (Arafat vs Hamas) e non per gli stati (Israele vs Gaza/Hamas).

3. Il cratere: a Israele viene perdonato tutto perché potrebbero fare di molto peggio

È chiaro che chi dica “Israele potrebbe radere al suolo Gaza e non lo fa, quindi è bravo e buono” è in malafede o un po’ scemo, ma io questa argomentazione l’ho sempre sentita usare in risposta a degli altri argomenti più disonesti: “Hamas è uguale a Israele”, “Israele vuole sterminare tutti i palestinesi”, oppure proprio quello che si domandava L sul punto precedente: “Sicuri che [Israele] sia ancora [il meno peggio]?”. In questo caso mi sembra molto consistente l’argomento: no, se Israele si comportasse come Hamas raderebbe al suolo Gaza. È come dire “Israele fa cose molto sbagliate e Hamas fa cose sbagliate, ma Israele non fa cose enormemente sbagliate perché non vuole, Hamas perché non può”. È un modo per essere onesti intellettualmente, mentre chiediamo che Israele la smetta, ringraziamo il cielo che Hamas non abbia quella potenza militare.

4. UDMO: Israele non è l’unica democrazia del mediooriente (Turchia) e comunque che c’entra con Gaza?

Anche io trovo spesso fuori luogo l’argomento dell’unica-democrazia-in-Medio-Oriente. Per quanto io sia un fan sfegatato della democrazia (a occhio e croce direi che L, invece, è un moderato estimatore) non capisco cosa c’entri questo con Gaza. Può avere avuto a che fare con le guerre passate, ma l’attacco a Gaza non ha a che vedere con la prassi di governo. Anzi, sarà anche un argomento usato da chi ha pregiudizi, ma è vero: senza le elezioni israeliane l’attacco non sarebbe avvenuto o – forse più probabilmente – sarebbe finito prima.

Poi vabbè, credo che l’obiezione della Turchia sia un po’ sciocca, nel senso che è scendere sullo stesso piano linguistico/pretestuoso di chi fa quell’obiezione (anche se capisco che talvolta scendere sullo stesso piano sia utile), perché è chiaro che chi fa quell’obiezione intende dire che intorno a Israele ci sono un sacco di stati che nel corso della storia gli hanno fatto guerra e questi non sono democrazie. E quindi che la Turchia ci sia, o non ci sia (fra l’altro proprio nella pagina linkata da L la Turchia è fra gli stati “talvolta considerati Medio Oriente”) cambia nulla.

5. Morte potenziale: se anche i palestinesi vogliono distruggere Israele, poi muoiono più palestinesi

Secondo me questo argomento si esaurisce nel secondo. Poi il fatto che muoiano più palestinesi che israeliani non toglie il fatto che la gran parte dei palestinesi vorrebbe distruggere Israele. Certo è che calcolare i morti come fa Kissinger è chiaramente un modo propagandistico filo-israeliano per cercare di mescolare le carte in tavola. Io non l’ho sentito mai fare, comunque e per fortuna, ma anche L dice che “oggi non va più per la maggiore”, quindi molto probabilmente è per questione d’età.

Aggiungo che, dando per scontato che ciò che sta succedendo a Gaza non è paragonabile, non ho mai trovato un modo che non mi sembrasse stonato per “contare” il danno arrecato dai Quassam. Perché da una parte c’è il danno potenziale e quello reale di come è costretta a vivere la gente (enorme), dall’altro quello reale dei morti (quasi nullo), e qualunque idea che provo a farmi, non mi convince in un senso o nell’altro. Mi ricorda un po’, a parti invertite (e ovviamente non al di fuori della green line ), la discussione sul Muro.

6. Matrimonio gay: perché è il metro di laicità? E poi c’è perché sono ricchi (a scapito dei palestinesi)

L si domanda perché il matrimonio gay sia cartina tornasole della laicità di una nazione. A me sembra ovvio: perché i fontamentalismi di Ebraismo, Islam e Cristianesimo ce l’hanno a morte (letteralmente) con i gay. Quindi come siano trattati è un buon metro per stabilire quando una nazione sia laica, e cioè libera dai dettami di tali religioni.

Anche per questo fa bene L a citare tutte le contraddizioni vive in Israele (non si celebra il matrimonio civile, ma gli omosessuali possono adottare bambini). Trovo che invece faccia malissimo a dire cose come “Troppo comodo accusare i palestinesi di oscurantismo a pancia piena”. Ma che vuoldire? Ci sono un sacco di stati oscurantisti che hanno i quattrini, e che restano oscurantisti. Ma poi proprio che vuoldire, cosa significa? A me non sembra per niente “comodo”, o facile come detto altrimenti, dare diritti alle donne e agli omosessuali. Cioè, fosse per me sì, anche a pancia vuota, ma basta guardarsi intorno.

Che poi il fatto che a Betlemme non esista una libreria (non religiosa) sia – in parte – colpa degli israeliani è assurdo. Cioè, sull’economia ci sarebbe da discutere, ma che l’apertura della e dalla cultura israeliana sia costruita a scapito di quella palestinese (semmai è il contrario) è un nesso causa-effetto che non capisco, di quelli a cui accennavo sopra. E ancora un altro poco stabile nesso causa/effetto quando si dice che la militarizzazione del conflitto è – in parte – data dal fatto che in Israele l’economia va male. A me tutte queste “parti” sembrano completamente prive di senso. Tutta questa “ovvietà” non ce la vedo.

7. Indignazione selettiva: parlo di Israele e non del Darfur perché penso di avere più cose (interessanti/originali) da dire

Sì, ha ragione L e capisco benissimo il punto. In un confronto di idee, si confrontano le idee, sul Darfùr si è tutti d’accordo. Io uso un argomento affine soltanto quando penso che ci sia un pregiudizio nell’interlocutore (e perché su x la pensi diversamente?): ma non so se è il caso di L.

8. Bambini morti: se non mi convincono gli argomenti non mi possono convincere le foto

Delle volte le immagini servono a spiegare cose che con le parole si fatica a fare, o ci si mette molto più tempo: non è sempre per suggestionare. Con questa precisazione, completamente d’accordo.

9. Antisemiti: se Israele si comportasse meglio io non criticherei Israele quindi non c’entra l’antisemitismo

Rispetto ai punti  qui sviluppati penso che: esistano gli antisemiti di  sinistra, che sono molti meno degli antisemiti di destra. Anche perché per essere di estrema destra devi essere antisemita, e non vale il viceversa. È anche vero che è molto più facile individuare l’islamofobia, perché è abbastanza collegabile con una parte dell’arco politico (qui non tratto del razzismo di riflesso di chi, di sinistra dice “i mussulmani non sono pronti per la democrazia”), più a destra si va più si è islamofobici, con l’eccezione dell’estremissimissima destra che vede nell’Islam una società che ha mantenuto quei valori di un tempo, etc. L’antisemitismo è un po’ più sparpagliato.

Però c’entra molto meno spesso di quanto venga tirato in ballo con la questione di Israele, è vero che sovente critiche al governo israeliano sono bollate come antisemite, e questo solo per agitare il simulacro dell’Olocausto. Talvolta sono cose con pregiudizio antiisraeliano, altre volte sono critiche sensate, e quella è una scorciatoia facile e insana.
Chi difende Israele, nella maggior parte dei casi, dovrebbe parlare solo di antiisraeliani. E dovrebbe (giustamente) censurare la cosa come tale.
Possiamo fare un esempio su questi punti: nessuno di questi è minimamente antisemita, qualcuno è un briciolo anti-israeliano, ma non mi stupirebbe che qualcuno accusasse Leonardo di antisemitismo per le cose che ha scritto.

Ovviamente qui parlo dell’Italia e dell’Europa, perché negli Stati Arabi l’antisemitismo è una componente inscindibile, non solo in quanto ebrei (ovviamente anche) ma anche in quanto appartenenti a una diversa religione. Nella società araba l’odio per gli appartenenti a un’altra religione, in quanto tale è molto vivo. Per dire, i cristiani di Betlemme ce l’hanno a morte con i mussulmani di Betlemme, ben più che viceversa.

10. Muftì: i palestinesi si sono alleati con Hitler? Embè? E comunque nei campi profughi non ne sanno più nulla

Non è vero che nei campi profughi non ne sappiano nulla, ci sono svastiche su un sacco di case e mi è capitato più volte di sentire persone che inneggiano a Hitler. Che conseguenze ha questo? Boh, sicuramente che facciano più paura a Israele.

Dopodiché il fatto che i palestinesi fossero coi nazisti (nel senso in cui lo erano gli italiani) e gli ebrei con gli alleati è stato una parte di quel 53% a 47% della risoluzione 181 di creazione di Israele e Palestina, magari senza di ciò sarebbe stato un 40 a 60% con i deserti ai palestinesi. Come se, più grave, i palestinesi avessero dichiarato il proprio Stato anziché dichiarare guerra a Israele avrebbero da sessant’anni la metà di quella terrà anziché dover lottare per il 22%. Ma queste sono responsabilità collettive e solo argomentazioni storiche. Se anche il trisnonno di Ahmed è stato nazista, questo non dà all’esercito israeliano un motivo in più per bombardarlo.

Fine, fine, fine.

«È colpa di Hamas»

Di solito video come questi vengono considerati trofei di guerra, un nemico che dice che la colpa è dei suoi è un boccone così ghiotto. Io lo trovo, al contrario, una dimostrazione di sanità che mi stupisce favorevolmente, per quello che sento tutti i giorni.

Che persino a Gaza, nella roccaforte dei fondamentalisti, ci sia qualcuno che la pensa diversamente e insegna ai propri figli ad allontanarsi da quello che è il pensiero unico in Palestina, financo a neppure citare Israele, è una buona notizia per la Palestina stessa.
Speriamo tanto che quella famiglia, già martoriata da questo bombardamento, non subisca conseguenze da parte delle milizie di Hamas per la pubblicazione di questo video.

Non è anche questo ciò che si diceva quando si diceva che questi bombardamenti avrebbero colpito anche tutti coloro che a Gaza non stanno con Hamas?

>Sources: 1 2<

Perché sono contro alla guerra; a questa guerra

Prima sgombriamo il campo: a me dei motivi per cui Israele ha attaccato Gaza, e Hamas ha riniziato a lanciare missili importa nulla. Cioè mi interessano se mi aiutano a capire le restanti cose, ma in sé non spostano il mio giudizio sulla guerra. Della legittimità delle varie azioni, e soprattutto dell’attacco israeliano, mi interessa poco. Quello che mi interessa è sapere se per quest’area, queste genti, queste persone, ne risulteranno effetti positivi o effetti negativi. E nel caso l’effetto fosse positivo, mi domanderei: ma vale il numero di morti, e quello tanto più alto dei feriti, indifferentemente da una parte e dall’altra?

Penso che la volontà strategica di Hamas sia molto sopravvalutata, intendo i piani per il futuro. Dico volontà e non capacita perché Hamas non ha un piano per il futuro, il suo futuro è nelle braccia di Dio, e se combattere per la causa porta alla morte di tutta la propria gente, poco male: perché l’Idea conta più della morte. Anzi, la morte è uno dei mezzi – più che ammissibile, auspicato – per raggiungere quell’Idea, come nel caso di Nizar Rayan, ucciso da un missile israeliano e dalla sua decisione di non scappare da quella casa che sapeva sarebbe stata bombardata, portandosi all’inferno una quindicina fra varie mogli e figli.
Ho smesso di chiedermi perché Hamas abbia deciso di subire questo attacco – con ciò non intendo che Israele doveva reagire, ma che a Gaza sapevano che Israele l’avrebbe fatto: lo intuivano anche degli ingenui come chi scrive e, probabilmente, chi legge.

Al tempo stesso la capacità strategica d’Israele è sopravvalutata. I mille piani di difesa che ogni governo israeliano ha sul tavolo sono improntati alla sopravvivenza, più d’una volta a scapito altrui. La fine del terrorismo suicida ha maturato nell’opinione pubblica un’indifferenza per nulla sana, e un sentimento di rivalsa poco commendevole: “non hanno voluto dismettere il terrorismo per avere la pace? Ora col muro l’abbiamo dismesso noi, e a questo punto s’attaccano”. Molti, in Israele, pensano di poter andare avanti in questa condizione, con una mezza occupazione e un mezzo stato per chissà quanti anni, perché cosa ne guadagnerebbero gli israeliani da una pace?
Così che finire l’occupazione, smettere con alcune misure di sicurezza che hanno un carattere solo vessatorio, e con alcune leggi dall’impronta discriminatoria, quindi rendere la vita migliore ai palestinesi non soltanto manca di essere un valore, ma talvolta è concepito come un disvalore: loro-sono-i-nemici, quelli che ci vogliono distruggere.
E le scelte dei governi israeliani riflettono questo umore, peggiorandolo, portando ad accettare quel mercimonio di vite che è un attacco che uccide 700 persone e ne ferisce cinque volte per tutelarne – grazie al cielo e alla tecnologia – un centesimo di esse.
Che al di là dell’inutile obiezione che dice “succede anche negli altri paesi” (embè?), è vero che non succede così negli altri paesi: basta dare un’occhiata ai media israeliani per accorgersene.

Al contrario di molti che – qui e ora – sono d’accordo con me, non sono un pacifista senza condizionali, anzi per esser di sinistra sono piuttosto guerrafondaio: so che senza l’intervento della Nato le fosse comuni della Bosnia avrebbero iniziato a traboccare di gente ammazzata mentre era in fila per avere un tozzo di pane. Che se in Rwanda ci fosse andato un esercito vero, e non quattro berretti celesti a difendere i due hotel in cui c’erano turisti o diplomatici, gran parte di quel milione di persone che è morto avrebbe ora quasi quindici anni di più. E so che di guerre, purtroppo, sarò costretto ad appoggiarne altre, fino a che ci sarà gente che stermina gente.
E tutto questo lo so perché so che non fare nulla per evitare un omicidio non è essere neutrale, perché quello che conta non è la pace, ma la vita delle persone.
Ma, davvero, è questo il criterio che ora guida Israele?

Raccontava un bell’articolo dell’Independent che il ritornello più sentito in Israele, nell’ultima dozzina d’anni di kamikaze era stato: “che gente è questa che manda i propri figli a uccidersi per uccidere i nostri figli?”, specie quando a montare imbottiti di tritolo sui pullman di Tel Aviv erano dei bambini.
E questa era diventata una leva psicologica per alleviare, nell’intimo della propria coscienza, il peso di sapere che quelle azioni che quasi ogni israeliano considerava giuste, in ogni caso uccidevano molte persone, molti altri. Se questi altri – e questo è il retropensiero – non tengono alla propria vita, perché dovremmo tenerci noi?

Perché Israele non dovrebbe permettersi di misurare le proprie azioni col metro altrui anziché con quello che professa: se la perversione concettuale con cui Hamas tratta i civili contagia gli israeliani, Israele si ammala di quel male per cui sta cercando il vaccino.

Alcuni luoghi comuni su Hamas

Ho letto che il Professor Beccaria voleva spiegare perché il post di Leonardo è il peggior post su Gaza, però poi gli è passata la voglia. Mi stupiva, perché è capitato più d’una volta che non fossi d’accordo con Leonardo, ma lo trovavo sempre acuto, e – per usare parole non mie – uno che ha dei (bei) sogni educati. Invece qui, mi sembra che abbia ragione Marco. E allora provo a spiegarlo io, il perché non è il migliore post su Gaza.

Lo faccio con quel modo che ho visto utilizzare da Leonardo stesso, e che avevo apprezzato molto: punto per punto. Leonardo in corsivo.

1. È Hamas che ha rotto la tregua
Le tregue sono fatte per rompersi, per definizione
.

Che è come dire che i matrimoni sono fatti per divorziare. Non sono fatti per. E poi poco più giù non si diceva che le tregue sono fatte per durare, perché se uno si confronta con una partito religioso ma (millenaristico) che si richiama al Corano, questo non potrà mai accettare una tregua o chiamarla tale? Sarà una pace, mi sembra dicesse Leonardo, ma chiamata tregua.

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Ovvio

Ecco, un esempio, è una settimana che sento dire tutti, tutte le parti, tutti i luoghi – molto ragionevolmente – che è ovvio che Obama non parlasse (con mio rammarico) di Gaza. E ha parlato. Ora sicuramente ci sarà una ragionevolissima spiegazione per la quale è ovvio che avrebbe parlato, ed era ovvio che fosse ora. Come era ovvio che Israele avrebbe attaccato ora, perché è la fine di Bush etc. etc.

È tutto così ovvio, qui in Medio Oriente.

Poi chiamate me

Forse sarebbe il caso di.

La questione centrale dell’attuale intervento israeliano a Gaza non mi pare sia la sua legittimità, ma la sua efficacia.

Aggiungo, la smettiamo di dire “cosa faresti tu se ti piombassero i missili in giardino?” e cominciamo a dire “cosa sarebbe giusto fare, se ti piombassero i missili in giardino?”; invece di “cosa farebbe l’Italia se Trieste fosse bombardata dalla Croazia?” o “gli Usa se il Texas fosse bombardato dal Messico?”, domandarsi “cosa sarebbe giusto che l’Italia (o l’America) facesse?.

Altrimenti siamo tutti per la pena di morte, perché se-tammazzano-tumadre-ettu-sorella, bla, bla, bla.