Fatta la legge divina, trovato l’inganno

La gara d’appalto per la costruzione della ferrovia superveloce tra Gedda e la Mecca è stata vinta dalla China Railway Engineering Corporation, nello scorso febbraio. Però l’accesso alla città santa è vietato agli infedeli [….] La soluzione è stata prettamente spirituale. 3.382 lavoratori cinesi si sono convertiti all’islam in due cerimonie pubbliche alla Mecca e ad al Taif.

Some news, good news

Qualche buona notizia sul fronte dei diritti delle donne nel mondo:

  • Il più importante ufficiale delle Nazioni Unite sui diritti umani, Navi Pillay (una donna, nera), ha condannato e annunciato interventi sui diritti delle donne nel Golfo.
  • Sembra finalmente arrivato il momento in cui l’ONU creerà un’Agenzia specificamente dedicata alla questione femminile. Ho paura che per gli omosessuali ci sarà ancora da aspettare un po’.
  • L’Australia ha proposto una legge che riconoscerà lo status di profugo a tutte le donne a rischio infibulazione o – importante – delitto d’onore in patria: sarebbe molto importante, perché i delitti d’onore non avvengono solamente per reati strettamente sessuali, ma anche il solo fatto di fuggire in Occidente può essere sufficiente a essere considerati reietti e meritevoli dell’estrema punizione.

Lunedì degli aneddoti – IX – La guerra del Fútbol

Quando mi capita di leggere un aneddoto carino, da qualche parte, me lo appunto per non dimenticarlo: così ora ho un piccolo mazzo di aneddoti che ogni tanto racconto. Pensavo di farci un libro, un giorno, ma forse è più carino pubblicarne uno, ogni tanto, sul blog. Questo ‘ogni tanto’ sarà ogni lunedì.

La Guerra del Fútbol

Nel ’67 Honduras e El Salvador vararono un trattato per cui i cittadini salvadoregni in Honduras avrebbero avuto diritto di residenza e di lavoro: in Honduras c’erano un sacco di terre da coltivare e poche persone per coltivarle, in Salvador l’opposto. L’enorme esodo di salvadoregni, però, creò tensioni in Honduras, e il governo honduregno ritirò unilateralmente l’appoggio al trattato. In questo clima di tensione si giocò il turno di qualificazione ai mondiali del ’70: Honduras – El Salvador. Per la prima volta nella storia una delle due squadre poteva raggiungere il Campionato del Mondo: il Messico, dominatore delle precedenti qualificazioni centroamericane, era qualificato di diritto in quanto paese organizzatore – per le due modeste nazionali un’occasione irripetibile.
La partita d’andata fu vinta da Honduras, all’89° minuto: una ragazzina salvadoregna “non sopportando il dolore di vedere la propria patria umiliata” si suicidò. A lei – quale eroe nazionale – furono tributati funerali di stato officiati dal presidente, dai ministri, e dagli undici scesi in campo in Honduras.
Nella partita di ritorno, in Salvador, andò perfino peggio: i giocatori honduregni furono costretti a entrare nello stadio accompagnati da carri armati, diversi tifosi honduregni furono feriti e uccisi, centinaia di macchine date alle fiamme. Va da sé che in quell’atmosfera la partita fu a senso unico, vinse ancora la squadra di casa – stavolta il Salvador – e l’allenatore honduregno commentò «menomale che abbiamo perso». Serviva la “bella”.
Fu giocata a Città del Messico, con meno spettatori che polizia. Ma questa non fu sufficiente a impedire che, alla vittoria di El Salvador ai supplementari, le tifoserie venissero a contatto trasformando la capitale messicana in un teatro di guerriglia urbana. La sera della partita il Governo honduregno ruppe le relazioni diplomatiche con il Salvador, l’equivalente di una dichiarazione di guerra. Qualche giorno dopo, fanteria e aviazione salvadoregna invasero e bombardarono l’Honduras. Il conflitto – passato alla storia come la “Guerra del Fùtbol” – durò una sola settimana, e si concluse in un nulla di fatto, con il ripristino delle posizioni precedenti la guerra e senza un vero vincitore.
Certo, El Salvador arrivò ai Mondiali.

***

[Qui il primo: Brutti e liberi qui il secondo: Grande Raccordo Anulare qui il terzo: Il caso Plutone qui il quarto: I frocioni qui il quinto: Comunisti qui il sesto: La rettorica qui il settimo: Rockall qui l’ottavo: Compagno dove sei?]

La preda

Il problema è che Berlusconi proprio non la capisce la costernazione sul viso di Zapatero (minuto 7.59), e di tutti noi. Berlusconi non riesce a misurare gli altri fuori dal suo metro di machismo dell’altro secolo, e davvero ci crede.

Io non gli chiederei conto delle sue bugie – se gli fossi amico – ma di quella concezione dozzinale e meschina del rapporto uomo-donna, dell’ironia da caserma fascista. Del suo essere portatore insano e orgoglioso di quell’insieme di sessuofobia e sessuomania che è quella malintesa virilità, il latin lover nella peggiore delle accezioni di questo concetto: quello che ha paura del sesso e se ne vergogna, la considera una cosa insana, ma al tempo stesso ha un’ossessione; la mente sempre puntata lì all’infrazione della norma – ovviamente soltanto nelle orecchie degli amici al bar, che ascoltano le tronfie spacconerie di un millantatore in punta di cazzo.

No Berlusconi. Non è invidioso quel giornalista (min 1.27), non sono invidiosi i giornalisti in sala. Non sono invidioso io, non sono invidiose tante persone – neanche di buon senso – soltanto normali. Non c’è nessuna, nessuna, nessuna, nessuna, nessuna, ragione al mondo per essere invidiosi del fatto che alle tue feste ci siano le veline, mentre alle nostre ci siano i nostri amici.

Togliti quindi quel sorriso ebete dalla bocca, hai fatto una figuraccia. Per fortuna l’hai fatta, perché fuori dall’Italia, anzi, fuori dalla trista cerchia dei tuoi accoliti, quell’uscita non fa ridere. Nessuno ti fa una domanda del genere, se è invidioso.

Non dico mica che non si possa essere invidiosi di Berlusconi, eh, anzi, considero l’invidia il motore del mondo, ciò che spinge un uomo a migliorarsi, vedendo un altro migliore. Ma è proprio questo il punto. L’idea che traspare della tua vita e della tua corte è terribile, orrida: degna di compassione.

Il cameratismo miserabile con il quale ti appelli ai maschi in sala (4.30) per far loro confermare – in coscienza – che guardare anzi, perdona, “posare gli occhi” su una bella donna rende una cena gradevole è della stessa schiatta delle tue battute da mani nei capelli: “le femmine per fare una domanda, devono lasciare il numero di telefono”, hai detto, l’altra volta. Non fa ridere. Non c’è nulla da ridere. Non si può ridere per una cosa del genere, se non si ha una concezione virulenta e proibitistica del sesso.

Lasciamo stare il fatto che, tu, quelle donne l’hai pagate, ma quale folle ragionamento ti fa pensare che difendersi da quell’accusa spiegando che non l’hai mai fatto perché ti piace la conquista (min 7.46) ti renda meno poveraccio e inadeguato?
Sono settantanni che, almeno in Occidente, non si considera più la donna come una preda, anzi, che la donna stessa – grazie al Cielo – non si considera essa stessa una preda. Se tu vai a letto con una donna, non la stai “fregando”, non sei riuscito a eludere le sue difese. Magari va anche a lei, magari più che a te, o magari le vanno i tuoi soldi. E non c’è niente di male, ti dirò: fa bene, lei.
Ma la preda sei tu.

Settembre Undici

Io me lo ricordo perfettamente dov’ero otto anni fa, come tutti noi. Al mercatino di San Lorenzo, a Firenze, cercando una maglia del Chievo neopromosso, con Marco e Angela.
Quest’anno è il primo anno, non so perché, in cui lo sento un momento lontano, storico, dopo aver capito quel giorno che la Storia ero – anche – io.

E tutti
ci ricorderemo dove eravamo in quel
momento. Seduti in macchina a
cercar parcheggio, con la testa
tra i surgelati a cercar la
paella, davanti al computer a
cercare la frase giusta. Poi uno
squillo di telefonino, e
l’amico, il parente, il collega
che ti staccano una storia
inverosimile di aerei e
grattacieli, ma và via, dai,
lasciami perdere che oggi è già
una giornata difficile, ma lui
non ride e dice: ti giuro che è
vero. Ricorderemo l’istante
passato a cercare in quella voce
una qualunque sfumatura di
ironia, senza trovarla. Ti giuro
che è vero. E non dimenticheremo
la prima persona a cui abbiamo
telefonato, subito dopo, e
nemmeno quel pensiero –
immediato, sciocco ma
incredibilmente reale – “Dov’è
mio figlio? “, i miei figli, la
mamma, la fidanzata, domanda
inutile, perfino comica, lo
capisci subito dopo, ma intanto
è scattata – la Storia siamo
noi, è solo un verso di una
canzone di De Gregori, ma adesso
ho capito cosa voleva dire –
risvegliarsi con la Storia
addosso. Che vertigine.

Questo lo scrisse Baricco il giorno dopo.

L’omosessualità conviene

In questo periodo di bombe carta, accoltellamenti, noti omosessuali attenzionati, vivo sempre con una irta traccia di malessere che non riesco a definire bene. Sono fatti e frangenti che proprio non capisco, in fondo – mi rendo conto – io non so proprio come discutere con qualcuno che abbia qualcosa contro l’omosessualità, mi sembra una cosa fuori dal mondo, non politicamente sbagliata.

Allora sono andato a ripescare un ragionamento scritto da Max tempo fa – ero ancora in Palestina – che avevo molto apprezzato, perché rendeva – anche – politico, quello che è di umanità.
E lo traduco in italiano, l’originale è qui. L’argomento mi aveva particolarmente attirato, perché io sono sempre molto restio a spiegare che l’omosessualità non è una scelta perché – l’avevo scritto, dategli un’occhiata – questo sembra implicare che se, invece, fosse una scelta ci sarebbe qualcosa di male. Invece no:

(precedono numerosi argomenti scientifici che spiegano come l’omosessualità sia un tratto sia genetico – con un’incidenza fra il 5 e il 10 percento – che condizionato dalla società) Tutto questo per dire che l’omosessualità è parte di un “normale” spettro di comportamenti umani, e l’ambiente inciderà molto poco senza un background genetico con tale propensione: non tutti i figli minori di padri che li maltrattano e madri superprotettive diventeranno omosessuali, né l’opposto di questo preverrà il comportamento! L’inclusione dell’omosessualità nel “normale” range dei comportamenti umani è importante perché un comportamento “anormale” richiama immediatamente il concetto di cura o aggiustamento:  trattamento psicologico (com’era un tempo) o il carcere, come per i crimini.

Una volta che accettiamo che è un comportamento normale, la domanda successiva è “è male per la società?”

Lo stupro, la necrofilia, la zoofilia, l’omicidio non sono solamente comportamenti anormali presenti nella popolazione umana a livelli molto bassi e senza una sottostante base genetica, ma infrangono i diritti di altre entità. Sono comportamenti antisociali crudeli e distruttivi che ovviamente minano le basi della cooperazione sociale e della coesistenza. Violano la Golden Rule “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te” (che, per inciso, non è stata inventata da Gesù ma si può datare almeno 5000 anni fa, nel subcontinente indiano con il Giainismo e lo Zoroastrismo), un fondamentale comportamento umano che scaturisce dal nostro innato senso di empatia e dal nostro spirito di cooperazione (il contraltare del nostro innato istinto competitivo), la base per i moderni diritti umani.

L’omosessualità non ha nessuna di tali caratteristiche. Non viola la Golden Rule.  Molteplici e vasti studi sostengono la tesi di “nessuna differenza” per i figli di coppie omosessuali. In più l’esposizione a un ambiente più diversificato porta a una maggiore tolleranza e apertura mentale da adulti, così che  la coesistenza e la cooperazione sociale ne beneficiano. Dove l’omosessualità e i matrimoni omosessuali sono legali la società non è crollata né si è dissolta, il cielo non è caduto: anzi, una forza lavoro più educata, più motivata, e più impegnata è stata promossa e attratta; i diritti civili hanno stabilizzato coppie e famiglie, togliendo tensione ed eliminando le incertezze. Ci sono molti elementi che suggeriscono che un’ampia accettazione sociale dell’omosessualità rende le persone più felici, e delle persone più felici sono migliori lavoratori e consumatori. Alla fine, l’omosessualità è ottima per l’economia!

Poi, un giorno, anche in Italia i gay potranno sposarsi e adottare, e l’indomani nessuno ci troverà nulla di strano. Tutti percepiranno il vietarlo come un’inammissibile discriminazione, la Chiesa dirà che ciò che ne dicono i testi sacri va “interpretato”, e tutti vivranno felici e contenti, con i teisti che rivendicheranno come parte della loro fede (Dio è amore!) le conquiste fatte a scapito loro soltanto dieci o venti anni prima.

Termino con un video di dove queste cose sono già successe, e dove chi ha due papà lo va a cantare – non in un programma di approfondimento – ma allo Zecchino D’Oro.

Esatto!!!

Se l’insegnamento della religione fosse limitato ad un’esposizione delle diverse religioni, in un modo comparativo e neutro, si potrebbe creare confusione o generare relativismo o indifferentismo religioso.

Per una volta sono d’accordo col Vaticano.

Allegria

Qualche sera fa avevo fatto esattamente questo, con tanto di ricerca su wikipedia per conferma e scoperta della questione “u”:mike_bongiorno___silvia_battisti

L’altro giorno ho visto un pezzo del programma di Marzullo, quello dove lui saluta tutti dicendo buonanotte. Si parlava di Mike Bongiorno, ma sembrava uno speciale messo su in fretta e furia quando uno muore: i ricordi dei suoi amici, il racconto della vita, le immagini di repertorio e via dicendo. In studio vari “esperti” di Bongiorno. Allora ho controllato in rete, ma no Bongiorno non era morto (peraltro, lo sapevate che Bongiorno si scrive appunto senza u?).

E avevo pensato a una coincidenza enorme. Che un amico equivochi le stesse considerazioni, traendone le stesse conseguenze e poi procedendo nello stesso modo mi sembrava estremamente curioso.

Oggi ho capito che la cosa ha un significato esoterico.