Le strade di chi non crede

In una recente discussione, fra non credenti, con Rosa, lei ha espresso una qualche perplessità riguardo all’ipotesi di poter vivere in un mondo dove tutti basino le proprie credenze su dei fatti, per quanto lo auspicasse, diceva: “come sai non sono una paladina delle religioni, ma realisticamente penso che tocchi conviverci e al più si debba cercare di sopravvivere. Contro le forze dell’irrazionale siamo pochi e disarmati“.

La questione è ovviamente tutta interna al fronte di chi non crede ci siano prove dell’esistenza di Dio – i credenti diranno che, idea connaturata all’uomo o meno, Dio c’è – e fa leva su di un argomento che ho sentito tirare in ballo da moltissimi non credenti, e che personalmente considero un abbaglio. Le tante persone che serbano le mie stesse perplessità sulla perniciosità della religione, ma che la trovano – appunto – ineluttabile; e perciò vano ogni tentativo di discutere quelle idee, come si fa con tutte le altre.

Io non credo che sia così, come esempi ho citato altre strutture, come la schiavitù, di cui nessuno pensava di poter fare a meno prima che se ne facesse a meno, oltre che le varie tribù primitive senza alcuna idea di Dio.

Ma visto che eravamo nel pieno della discussione, ho pensato che la cosa migliore fosse proporle il pensiero che più trovavo persuasivo, sull’argomento, ovvero questo intervento di Harris (da me tradotto). Già che ci sono, invece di lasciarlo sotterrato lì all’ésimo commento, lo pubblico anche qua:

Noi possediamo la libertà di criticare le cattive idee, ma non ci avvaliamo di questa libertà soltanto per le idee religiose. Ci siamo impigliati nel nostro silenzio. Abbiamo imparato a essere terrorizzati dall’irritabilità e dall’irrazionalità dei nostri vicini. E abbiamo imparato ad avere paura del loro dispiacere, che – badate bene – è diverso dall’essere compassionevole nei confronti delle loro sofferenze. Abbiamo imparato a pensare che l’unico rimedio per il loro dolore quotidiano, è la falsa consolazione di idee false.
Sono qui per dire, dopo aver parlato pubblicamente in questa direzione e ricevuto decine di migliaia di email, che i nostri vicini hanno i loro dubbi, e soprattutto non hanno nessuna particolare passione o gioia nell’essere in torto, o nell’essere confusi o autoingannati. Non sono orgogliosi di credere in delle cose, se queste idee non fondate sulla realtà.
E mi sembra profondamente accondiscendente (arrogante), e per nulla empatico, sentir dire, da parte di  accademici di per sé non credenti, cose come : “noi no, non abbiamo bisogno della religione, ma tutti gli altri ne hanno bisogno, e l’umanità vivrà, finché sopravviverà”.
E ciò viene detto, viene detto costantemente. Ci viene ricordato in continuazione che tutte le culture hanno avuto la religione. Che tutte le società del mondo si sono organizzate intorno a delle superstizioni religiose, e su certezze infondate; e perciò è sciocco pensare che ci toglieremo mai di mezzo questo dispositivo di pensieri.

Bene, lo stesso si sarebbe potuto dire della stregoneria. Tutte le culture hanno creduto nelle streghe, hanno avuto paura delle streghe, perseguitato le streghe, si sono affidate alla competenza delle streghe. È da folli pensare che potremmo toglierci di torno la stregoneria! Quello che dobbiamo imparare a fare, è apprendere come vivere fianco a fianco con streghe e stregoni. E ospitare le loro certezze sul malocchio nel nostro discorso pubblico….
Immaginate quanto sarebbe stato stupido, e imbarazzante, e pericoloso se avessimo percorso questa strada. Con la stregoneria.

Ma noi abbiamo percorso quella strada, con la religione.

Abruzzo diciassette

Incoraggiamenti

Su di una casa non-crollata, appena fuori l’Aquila, hanno issato questo striscione, in un mix di abruzzese e inglese:

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Per chi non leggesse, ecco uno zoom:

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E per chi ancora non leggesse, ecco la trascrizione: “jamo ‘nnanzi all together”.
Ovviamente: “andiamo avanti, tutti assieme”.

Abruzzo sedici

Quello che è successo a questa casa ha dell’incredibile: la scossa delle 3.32 l’ha fatta sprofondare di un piano. Un colpo netto, e il palazzo si è abbassato di qualche metro:

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In marrone le serrande dei garage che erano al piano terra, e ora non si vedono più.

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A quanto mi hanno detto, sono tutti sopravvissuti.

Lacrime di disappunto

Hitchens sul discorso di Obama al Cairo:

Un’unica volta in cui Obama ha toccato l’argomento più conosciuto del mondo islamico, ovvero la tendenza a rendere le donne cittadine si serie B. E quella volta l’ha menzionato soltanto per dire che gli Stati Occidentali discriminano le donne mussulmane! E come si verifica questa disciminazione? Limitando la possibilità di indossare l’hijab. Il chiaro riferimento era alla legge francese che pribisce l’esposizione di simboli religiosi nelle scuole statali. In effetti, il giorno successivo a Parigi, Obama è stato ancora più esplicito. Cito da Karima Bennoune, una professoressa algerina-americana, dell’università del Michigan:

Ho appena pubblicato una ricerca condotta fra persone dalla discendenza mussulmana, araba, o nordafricana in France, le quali supportano la legge del 2004 che vieta l’esposizione dei simboli religiosi nelle scuole pubbliche: la vedono come una necessaria emanazione della “legge della repubblica” per contrastare la “legge dei Fratelli”, una regola informale imposta antidemocraticamente su molte donne e ragazzine nei quartieri e nelle case dai fondamentalisti.

Ma alle donne che sono costrette a vestire in ossequio alle decisioni altrui, Obama non aveva nulla da dire. Come se l’unico “diritto” in gioco fosse quello di obbedire a un’istruzione che, poi – se anche contasse qualcosa – non è presente nel Corano. Nella stessa Turchia in alcuni contesti è vietato portare il velo: anche questa è islamofobia? Obama pensa che il velo e il burka sono abbigliamenti liberamente scelti in ottemperanza al proprio gusto della moda? Questo tipo di ingenuità fa sì che, nell’insieme del mondo mussulmano, il tipo sbagliato di persone ride di noi, mentre quelle che devono essere le persone a cui stare accanto, e nostre alleate, piangono lacrime di disappunto.

Abruzzo quindici

I pompieri

La gran parte dei volontari che dànno una mano in Abruzzo rientrano nel pieno del cliché di sinistra, nell’unica accezione in cui cliché non è necessariamente negativo, in particolare quelli permanenti, anche perché le varie associazioni che si affiancano alla protezione civile prendono le mosse dalle giovanili dei partiti di sinistra, dai sindacati, eccetera.

Così non è strano che ci sia una certa idiosincrasia verso qualunque divisa – quando sono venuti i militari a montare i seggi, ci sono stati commenti sciocchi e ingenerosi. C’è però un’eccezione: i Vigili del Fuoco. Sarà perché la loro non è una divisa come tutte le altre, sarà perché – finito il duro lavoro – vanno al bar del paese a ubriacarsi fino a barcollare (e ce ne vuole!), ma si è creato un grande feeling fra volontari e vigili del fuoco. La settimana scorsa, una sera, al passaggio del macchinone dei pompieri è partito un coro che faceva più o meno così: “rispettiamo solo i pompieri”.

Fin qui sono le solite cose, e ci sarebbe poco di gustoso, ma c’è di più: se passate in queste settimane in Abruzzo, vedrete un sacco di mezzi dei vigili del fuoco con un peluche, un pupazzo, una bambola, o un giocattolo legati sul cofano. Sono davvero tanti.

Era successo che una bambina, tirata fuori dalle macerie, avesse regalato il proprio peluche preferito alla squadra di Vigili del Fuoco che l’aveva salvata. Il pompiere che l’aveva ricevuta, l’aveva legata sopra al proprio furgone, dove sta lo stemma dei VdF. Dì lì avevano cominciato in tanti, c’è un macchinone che va in giro con una tarantola gigantesca di peluche, nera, che sembra quasi vera. Fa spavento.

Dicono che sia passata anche una circolare del capo dei Vigili del Fuoco che vietava di appendere oggetti, perché si era diffusa troppo: ma sembra che se ne siano fregati tutti, confermando la sopra declamata allergia agli ordini dei pompieri.

P.s. Ora hanno iniziato anche molti volontari, ad appendere pupazzi e bambole sulle loro macchine: io ne ho una sul sedile posteriore, appena trovo un po’ di spago, ce la metto.
Le belle idee si copiano. E, non bastasse, sono un po’ pompiere anche io:

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Piccoli mondi

È proprio vero che ognuno si crea il proprio piccolo cieco mondo, contornandosi delle persone a sé vicine, e finisce per non capacitarsi del resto.

Se l’Italia fosse fatta a misura delle mie persone care, i radicali avrebbero il 30% e Ivan avrebbe qualche milione di preferenze.
E, permettetemelo, sarebbe un’Italia migliore.

Invece i radicali hanno il 2% e Ivan perde a valanga. Ed è un’Italia peggiore.

Eterogenesi dei fini

Mi hanno appena raccontato di uno che alle europee ha votato radicale perché «il simbolo era il più brutto, e così brutto che vuoldire che tengono alle cose serie».
Effettivamente il simbolo era veramente brutto.

Abruzzo quattordici

In questi giorni avevo fatto qualche foto che avevano a che fare con la campagna elettorale, molti partiti avevano dei piccoli gazebo, ovviamente tutta la propaganda era fondata sui tempi della ricostruzione.

Questa foto l’ho fatta ieri: è l’entrata di un campo gestito da Sinistra e Libertà, e – per quanto non sia molto legale, perché era anche l’entrata di un seggio – si cerca di fare campagna elettorale anche con… i palloncini:

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Il comitato elettorale del PD, se tutti stanno in tenda, anche i comitati elettorali stanno in tenda:

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Infine questa bandiera: sembra campagna elettorale, ma non lo è. È lì da prima del terremoto, nessuno è più entrato in casa e nessuno l’ha più tolta. La casa non ha resistito, come si vede dalle crepe, la bandiera sì:

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